Sono ormai
numerosi i libri che si occupano di comunicazione
digitale. E' cambiato il modo di rappresentare la realtà
e dunque anche quello di esprimersi. I social network
hanno trasformato l'uso della grammatica e del
linguaggio, che è diventato quello della rete. E nulla
sarà più come prima. Del resto, avverte l'antropologo
Marino Niola nel suo nuovo libro #Hashstag, "i grandi
passaggi epocali hanno sempre prodotto un sobbalzo nella
lingua, un cambio di regime e di destinazione delle
parole, nonché del loro rapporto con la realtà". In
breve le parole vengono ormai a noi, per parlare in
nostra vece". E la nostra mente si adegua, per
riformattare il senso di quello che s'intende dire su
forme e spazi che diventano i motori del moderno modo di
comunicare.
Con #Hastagh, Marino Niola propone però un punto di
vista nuovo, un percorso che può cambiare secondo l'uso
individuale che se ne fa. Si procede a gruppi di parole,
ciascuna ne chiama altre e, insieme, producono
riflessioni che mettono in relazione corpo e tecnologia,
scrittura e identità collettiva.
E' l'Italia dei social network, del nuovo linguaggio,
con le sue regole, i suoi vantaggi, e anche gli
inevitabili pericoli. La comunicazione digitale, infatti,
non è ancora stata metabolizzata. E' necessario
insegnarla e va resa commestibile e utilizzabile e,
soprattutto, liberata dal suo potenziale di credulità
assoluta, che è il rischio attuale. Sottolinea Niola
nell'intervista che segue: "Oggi siamo solo all'inizio
dell'evoluzione di homo digitalis ma credo che l'avvio
di un processo "civilizzazione" - e di regolamentazione
- della rete sia solo questione di tempo". Ben venga
dunque l'inevitabile èra dell'hashtag, ma come è sempre
stato e sarà, dinanzi a ogni grande trasformazione, per
affrontarla al meglio è innanzi tutto necessaria una
buona istruzione. E #Hashstag, cronache da un paese
connesso, pagina dopo pagina, aiuta il lettore a entrare,
lungo questa strada maestra, nel nuovo mondo digitale.
La comunicazione digitale ha cambiato il modo di
informare e ha trasformato il linguaggio. A che punto
siamo?
"La comunicazione digitale formatta il linguaggio e, di
conseguenza, formatta il pensiero. Questo è vero per
qualsiasi forma di comunicazione. Perché in una certa
misura il mezzo modifica sempre il messaggio. È stato
così per la scrittura, per la stampa e tutte le altre
rivoluzioni comunicative. Si acquista qualcosa e,
inevitabilmente, si perde qualcos'altro. Il problema è
di calcolo costi-benefici. Se devo restare dentro i 140
caratteri di twitter la riduzione a slogan è quasi
fisiologica. La questione di fondo non riguarda questo o
quel social in particolare. Quella che si profila è la
possibilità di una progressiva digitalizzazione della
mente, con la contrazione degli spazi che diventa
contrazione del senso. E il 2.0 che da dispositivo
comunicante si trasforma in modo di pensare, di sentire
e di essere".
Nel libro, si possono scegliere parole chiave per
osservare da vicino questo mutamento. Quali sono quelle
che metterebbe in cima a un'ipotetica scala da 1 a 10?
"Nell'ordine:#connessionepermanente, multitasking,
community, selfiemademan, viralità, immagine, corpo,
salute, giovinezza, sicurezza".
Come usufruire al meglio della connessione infinita? Ma
anche come difendersi?
"Alfabetizzare i migranti digitali, abbattere il digital
divide e insegnare, per quanto è possibile, a orientarsi
nel mare del web. Le nuove tecnologie offrono
straordinarie possibilità a costi relativamente
contenuti. Il problema, politico e culturale, è che
questa potenzialità democratica non si rovesci in uno
stato di natura digitale. O in una democrazia delle
credulità. Per cui sono sempre di più gli utenti che
vivono nella sindrome da complotto, diffidano
dell'autorità e della scienza ufficiali. Ma sono
disposti a fidarsi del primo guru che promette di farci
essere sempre belli, giovani, longevi, sereni, vincenti,
performanti. Ieri come oggi la lotta contro gli
oscurantismi passa attraverso una buona istruzione. Che
è possibile e auspicabile. Oggi siamo solo all'inizio
dell'evoluzione di homo digitalis ma credo che l'avvio
di un processo di "civilizzazione" - e di
regolamentazione - della rete sia solo questione di
tempo. Un bel segnale in proposito è quello del ministro
della giustizia tedesco, Heiko Maas, che ha chiesto a
Google di rivelare l'algoritmo che classifica i
risultati delle nostre ricerche".
Marino Niola
#Hasthtag, cronache da un paese connesso
Bompiani. Pag 330, euro 13
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